Tutto è partito da Isola Bella, il poco più che scoglio che, insieme al panorama dal teatro greco, è il soggetto più fotografato di Taormina.

Era di quest’isoletta che avevo deciso di scrivere. Per cominciare è bella di nome e di fatto, con il suo profilo frastagliato incoronato di alberi che si staglia in mezzo a una baia di acqua trasparente. Per arrivarci basta camminare su un’accidentata lingua di ciottoli che via via si sfarinano in sabbia, fino a un cancello che annuncia l’accesso all’isoletta. Al di là di esso una folta vegetazione di specie mediterranee ed esotiche. Lentischi, euforbie, pistacchi e i caratteristici ciuffi di fiordalisi di Taormina, si alternano a dracene, strelitzie, cicas, bouganville. Queste ultime piante, mi hanno spiegato, non sono nate qui naturalmente, ma sono state introdotte da Florence Trevelyan, la signora inglese che nel 1890 acquistò l’isola che, all’epoca, si chiamava Scoglio di Santo Stefano.

È così che il nome di Florence è entrato nella mia storia, presto oscurando il resto. Perché sì, la visita all’isola è davvero interessante, con la bella vegetazione, le viste sul mare e sulla costa, il piccolo museo che ne narra la storia, dai Borboni al comune di Taormina, da Florence Trevelyan ai fratelli Bosurgi, che la acquistarono nel 1954 e, per rispettare la natura dei luoghi, incastonarono tutti i loro interventi nella roccia, dalle camere alle scale alla piscina passando per la nicchia in cui nascondevano i citofoni.

Ma la storia di Florence (e di Taormina fra Otto- e Novecento) è qualcosa di affascinante. Torniamo allora indietro al 1884, anno in cui la giovane inglese giunse a Taormina dal Regno Unito, decisa a stabilirsi in Sicilia. Il suo era stato un amore a prima vista, un colpo di fulmine scoccato qualche anno prima, durante un viaggio in Europa e Nord Africa che aveva toccato anche l’Isola. Taormina le piaceva per una quantità di motivi. Per il clima, tanto più benigno rispetto a quello del nord dell’Inghilterra, dove era cresciuta, l’atmosfera tranquilla e la gradevole compagnia di una mutevole comunità di forestieri (dei primi anni del turismo a Taormina ho scritto anche qui). E soprattutto perché qui poteva dare libero sfogo, per così dire, alla sua passione per il verde. E non solo.

Vista dall’alto di Isola Bella (ph. J. Buchhave)

Florence acquistò diverse proprietà, fra Taormina e il vicino borgo di Castelmola. Sul Monte Venere, in particolare, nella località Francisi, comprò un’ampia estensione di terreno in declivio dal quale con lo sguardo poteva raggiungere l’Etna e la costa, e avviò la realizzazione di macchie boschive e aree coltivate. E poi acquistò l’Isola Bella, come accennato, lo stesso anno in cui sposò il dottor Salvatore Cacciola, medico e sindaco di Taormina. I due si erano conosciuti perché uno dei numerosi cani di Florence, un mastino di nome Sole, si era ammalato. Florence, disperata perché a Taormina non esisteva un veterinario, chiese aiuto al dottore, il quale curò il cane e conquistò il cuore della signorina.

Florence Trevelyan con i suoi cani

Andarono a vivere in una casa vicino all’Hotel Timeo e presto Florence avviò qui il suo ennesimo progetto: la realizzazione di un parco sul pendio della collina che digrada verso il mare. Aiutata da una squadra di contadini, fece mettere a dimora ogni sorta di pianta mediterranea, realizzare aiuole e vialetti e costruire leziosi edifici di mattoni (i “beehives”, alveari) dando forma al suo ”Hallington siculo“, in onore della tenuta di Hallington in cui aveva trascorso l’infanzia.

Il giardino di Florence Trevelyan, con le beehives (ph. Merlijn Hoek, CreativeCommons)

Quella che oggi è la villa comunale di Taormina è un luogo dall’atmosfera particolare. Chi saprà cercarli troverà fra i vialetti tanti segni che rimandano alla teosofia, dottrina che, proprio a Taormina, aveva numerosi proseliti e che appassionava Florence come altri inglesi fra i quali Robert Kitson, l’eclettico proprietario di Casa Cuseni che, di Florence, era un buon amico. Basti pensare che, nel marzo del ’12, proprio qui si riunirono alcuni membri della Società Teosofica per procedere alla cerimonia di elevazione al secondo grado mistico di Jiddu Krishnamurti. Non mancano i rimandi alla massoneria, alla quale era affiliato il marito di Florence e che, a Taormina, aveva un importante epicentro. Nel 1923, il comune ottenne l’esproprio del parco per destinarlo a villa comunale grazie all’iniziativa di Giovanni Antonio Colonna duca di Cesarò, gran maestro della Massoneria, e il sospetto è che ciò sia stato fatto appositamente per preservare l’animo esoterico del giardino di Florence.

Il mausoleo di Florence Trevelyan, oggi non più esistente.
A destra la signora Daphne Phelps, erede di Robert Kitson e proprietaria di Casa Cuseni

Florence Trevelyan è morta nel 1907. Nel testamento, oltre a chiedere il rispetto assoluto dell’ambiente nelle sue proprietà, dispose anche di venire sepolta nell’amata tenuta su Monte Venere. Fino a una ventina di anni fa, un piccolo mausoleo custodiva le sue spoglie, poi è stato distrutto. Di Florence resta solo il ricordo, e un busto nel suo Hallington Siculo.

Un’ultima nota. Alla sua morte, Florence dispose che tutti i suoi beni andassero alla sua famiglia inglese e così un’ingente fortuna pervenne a George Macaulay Trevelyan, uno dei maggiori storici inglesi. Grazie a quel sostegno economico, poté intraprendere un viaggio a piedi seguendo le orme di Garibaldi e dei Mille da Marsala a Palermo. Dal suo impegno nacque un’opera in tre volumi, “Garibaldi and the Thousand”, che si trova ancora in commercio.

(Grazie al dottor Francesco Spadaro di Casa Cuseni per l’interessante materiale fornito!)