La strada è stretta e sinuosa, non priva di buche e avvallamenti. Impegnativa, insomma, come buona parte delle strade siciliane. Così ho deciso di percorrere l’ultimo pezzetto a piedi, lasciando che le vecchie mura e il profilo verdeggiante della collina mi si dipanassero a fianco, nel silenzio autunnale.

Molto poco rimane di Noto Antica, quella Netum che, fino all’11 gennaio 1693, era una città prospera, con migliaia di abitanti – artigiani, commercianti, contadini, qualche famiglia nobiliare – e la bellezza di 34 chiese e una ventina di conventi e monasteri. Quel giorno, un terremoto disastroso (oggi valutato all’incirca all’ottavo grado sulla scala Richter), uno degli eventi catastrofici più gravi accaduti in Italia in epoca storica, distrusse un’area di centinaia di chilometri quadrati, praticamente tutta la Sicilia sud orientale, uccidendo migliaia di persone.

Il sito di Netum era stato scelto con cura, all’incirca mille anni prima di Cristo, da popolazioni sicule, e fu sempre abitato per via della sua eccellente posizione, facilmente difendibile grazie alle erte pareti rocciose su tutti i lati tranne uno – dove difatti venne realizzato il castello che, in parte, è ancora in piedi. La città crebbe e divenne Municipium romano, fu bizantina e saracena (e addirittura dagli arabi fu designata “capovalle”, e da essa prese il nome tutto il territorio sud-orientale dell’isola, tuttora conosciuto come Val di Noto), poi normanna. Nel 1503, Ferdinando il Cattolico le diede il titolo di Civitas ingegnosa, riconoscendo la quantità di eminenti scienziati e studiosi “figli” della città.

Si entra nella città attraverso un’alta porta nelle spesse mura di cinta, una targa in marmo ci ricorda che Netum non venne mai conquistata con la forza. Solo il terremoto poté cacciar via i netini da qui. Dall’altra parte si srotola una lunga strada polverosa dove, di quando in quando, spuntano avanzi di antichi lastroni in pietra. Era un’arteria principale, guardando un’antica cartina la si vede attraversare da un capo all’altro l’abitato sul monte dalla singolare forma di cuore, dipanandosi fra case, chiese, conventi, palazzi, allargandosi in piazze e incrociando altre strade sinuose. Sulla sinistra, un cartello mostra con punti rossi i siti tuttora riconoscibili.

Prima di imboccare la strada, mi sono fermata al castello, realizzato a partire dall’XI secolo e di gran lunga l’edificio che meglio ha resistito al terremoto. Restano una torre circolare e brandelli di mura robuste, variamente sbeccate. Non si dovrebbe, ma i visitatori più giovani si arrampicano agilmente sulla rovina, per cogliere da lassù la vista sull’ampio panorama. Poco lontano, il pavimento e avanzi di colonne e altri elementi della Chiesa di San Michele.
Si cammina fra le pietre e la vegetazione che, in molte parti dell’antica città, ha ormai ricoperto del tutto le rovine. Si passa dalle vecchie concerie, dalla chiesa dei Gesuiti, dal Palazzo Landolina. C’è anche un’area che gli archeologi identificano come risalente all’epoca ellenistica dell’abitato, con un ginnasio e degli “heroa”, siti destinati al culto degli antenati defunti. Il problema, purtroppo, è l’assenza di indicazioni precise e così, senza una guida, non è facile raccapezzarsi. Ci viene in soccorso l’ufficio turismo di Noto, con la recente iniziativa delle visite guidate con i visori per la realtà virtuale, attraverso i quali si può “vedere” come doveva essere la città.
Un recente progetto ha inoltre consentito la realizzazione di un filmato che ricostruisce il giorno del terremoto. I personaggi sono stati creati utilizzando le fattezze di netini contemporanei e per l’abbigliamento, gli oggetti, gli scenari, si è proceduto a una attenta ricostruzione storica. “Noto 1693 – Il giorno della paura” è una visita virtuale immersiva nella città distrutta dal terremoto, fruibile nel museo civico della città (realizzazione di AppTripper di Sebastiano Deva, ottobre 2021).
Eravamo in pochi, quel giorno a Noto, ma non ero da sola. Ho incontrato qualche altro visitatore che si aggirava come me fra le vecchie pietre e la vegetazione invadente, quando non amazzonica. Ho avuto la sensazione di trovarmi in quei set ricreati dai computer per immaginare “il mondo senza di noi” o “dopo di noi”. Un luogo in cui gli esseri umani non sono più i padroni e devono contendere lo spazio a insetti, uccelli, serpi e soprattutto alle piante che, indifferenti, ricoprono ogni cosa. Una bella lezione, ripensandoci.
Noto Antica si raggiunge percorrendo la SP 64. Il sito è sempre aperto, l’ingresso gratuito. Per prenotare una visita guidata, con i visori per la realtà virtuale, si può chiamare l’Ufficio Informazioni Turistiche di Noto al 339 4816218. Il costo è di 10€ a persona, gruppi di almeno sei.
L’immagine di apertura e quella dei visitatori con i visori sono dell’Ufficio Informazioni Turistiche di Noto